Sull’origine, il contenuto, la struttura delle singole composizioni sarà l’autore stesso nelle varie occasioni a parlare: e chi meglio di lui lo saprebbe fare? Io mi soffermerò sulla voce di Giorgio, su questo dono, avuto sì dalla Natura, ma che lui ha saputo coltivare, riempire di emozioni, di cultura, di Fede.

A fine settembre del 1947 la voce di Giorgio cominciò a farsi sentire – e fin qui nulla di particolare – nell’ambito della comunità di S. Stefano in Belluno. Come ogni bambino, attraverso la voce richiama l’attenzione di chi lo circonda e manifesta e fa conoscere i propri bisogni. In famiglia trova via via tante risposte, ammantate di voce, di suono, di canto: ninne nanne, preghiere, filastrocche, canzoni… e ancora piccolissimo ascolta i cantanti d’opera lirica. L’ambiente cittadino, ma soprattutto la parrocchia, sono occasione e costituiscono uno stimolo all’uso controllato della voce, ma pure rappresentano il primo uditorio che ne apprezza le qualità. Sarà qui, inoltre, che alcune abilità musicali strumentali prenderanno avvio, fino a giungere in giovane età ad accompagnare all’organo della chiesa il “Fioretto” di maggio.

In molte occasioni ed in epoche diverse ho avuto occasione di ascoltare la voce di Giorgio Fornasier, sia nell’espressione canora, sia nei momenti di conversazione e ne ho sempre ricavato sensazioni di piacevole ascolto, ma anche di curiosità. Si, perché la voce è il tramite privilegiato fra il mondo interiore e quello esteriore di una persona, ne fa trasparire necessariamente la personalità, il carattere, rivela stati d’animo, emozioni, paure. È un meraviglioso strumento di comunicazione, assieme allo sguardo, al movimento delle mani, alla postura ed al movimento del corpo. Dipende certamente dalla conformazione anatomica degli organi della fonazione, ma questi a loro volta subiscono l’influsso, conscio o inconscio, delle situazioni neuro-ormonali dell’individuo, della sua personalità psichica e sentimentale. Si dice di uno che ha una “bella voce”, che ha una voce che “corre”, gradevole, capace di favorire una vita di relazione. Ma a questo si arriva per lo più dopo un percorso di introspezione e di conoscenza di se stessi, della propria psicologia e fisiologia, di quanto possiamo chiedere al nostro corpo; uno studio della vocalità realizzato con dedizione e applicazione costanti, aiutati dall’insegnamento di un maestro “intelligente” e “colto”. E ciò per l’apprendimento dell’uso della voce come capacità, prima di pensare alla vetta del canto come arte.

Ebbene è questa la sensazione che provo quando parlo con Giorgio o lo sento cantare: una voce dai colori variegati, coltivata ma non artefatta, che fluisce con facilità e naturalezza.

Un’altra connotazione mi sento di dare alla voce di Giorgio: è una voce “colta”, nel senso che si è formata nel tempo attingendo a culture, a esperienze musicali diverse, a idiomi diversi. Non è un caso che al canto solistico e, ancora più specificatamente, alla voce tenorile egli sia giunto nella fase più recente della sua attività canora. La sua voce è stata per lui stesso una attenta progressiva scoperta. E questo mi pare di poterlo asserire ripercorrendo rapidamente le sue esperienze musicali e contestualizzandole al periodo storico. Va subito annotato che sostegno alla sua voce, ma anche opportunità d’invenzione delle sue creazioni musicali e letterarie sono stati alcuni strumenti musicali: in particolare il mandolino, la chitarra (inseparabile compagna dei momenti di gioia e spensieratezza, come nei momenti più difficili e tragici della sua vita), il pianoforte, l’organo e pure la conoscenza (dovuta anche a motivi di lavoro) di lingue del Vecchio Continente, del Sud America e dell’Estremo Oriente. Solo una annotazione a tal proposito: quale attenzione all’intonazione dei suoni può aver portato Giorgio l’apprendimento di alcune espressioni nella lingua cinese dove, una stessa parola assume anche cinque significati diversi a seconda del tono con cui viene pronunciata?

Ma torniamo alla voce “coltivata” del nostro amico. Significative sono le seguenti date:

nel 1964 Giorgio entra a far parte del complesso rock “Le Ombre” (uno dei più importanti del Veneto)
settembre 1972 si costituisce il duo “I Belumat”, (che ha reso famosi Giorgio e Gianluigi Secco ad un vasto pubblico in momenti di intrattenimento e trasmissioni TV)

Ma prima ancora:

nel 1961 nasce a Belluno il Coro di montagna del Centro Turistico Giovanile (C.T.G.) diretto da Don Sergio Manfroi del quale Giorgio Fornasier entra da subito a far parte cantando nei baritoni/bassi. In seguito il Coro diventerà Polifonico aprendosi alla grande musica del Rinascimento, del Romanticismo e degli autori del ‘900; e interessandosi da vicino del canto Gregoriano. Giorgio, in questa formazione corale mista, darà il suo importante contributo per 23 anni.

In questa esperienza musicale penso di trovare alcune risposte al suo vissuto artistico sia come compositore che come cantante. Innanzitutto il canto Gregoriano conduce chi lo pratica ad una corretta pronuncia dei testi, ad un fraseggiare agile strettamente connesso al ritmo della parola, al formarsi di una sensibilità sonora variegata data la peculiare pluralità delle sue strutture modali. Ma poi importante è stata la pratica del canto polifonico, veicolo privilegiato all’educazione dell’orecchio e al gusto del bello sonoro: qui non basta emettere in qualche modo dei suoni, ma il mio canto si deve armonizzare a quello degli altri, senza emergere se non quando la struttura compositiva lo esige, rispondendo con docilità alle richieste dinamiche e ritmiche del Direttore, vestendo l’emozione del cantare di colori e timbri diversi.

Gli elementi che meglio dicono della cifra essenziale dell’opera di Giorgio sono due: uno è quello dell’attaccamento alla musica che diventa parola e segno di dialogo e di relazione con la vita e con le persone; l’altro è quello di comunicare con il canto perché quelle parole musicate possano essere vissute, scambiate e donate.

La sua passione per la musica classica e operistica, unitamente alla sua attività culturale internazionale, meritano nel 1990 l’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” dal Presidente della Repubblica Italiana e nel 2005 dal Governo della Repubblica del Paraguay la più alta decorazione del Paese al merito “Don José Falcón” per la divulgazione della cultura musicale, l’attenzione verso gli affetti da malattie rare e l’attività di insegnante volontario di musica.

“Dal cassetto” è l’ultimo e originale CD che affresca ritratti, descrive racconti, rievoca ricordi.

È una raccolta di composizioni sue che della sua voce celebrano affetti, amori, amicizie, avvenimenti con una miscellanea di parole e di musiche che rivivono emozioni, illuminano pensieri, ridestano sentimenti all’insegna di posizioni culturali laiche e cristiane col sapere dell’antico e il sapore del nuovo.

È messa in moto la gioia di abitare il paese e la campagna, la terra e il mare, il Nord e il Sud, l’Italia e l’America. Si chiude la porta del CD e si apre a ciascuno degli uditori l’invito a riscoprire e rispettare la propria identità “Chi sone mi?”

A questo punto termino. Senza la pretesa di essere stato completo, mi pare di aver acceso qualche luce sulla persona di Giorgio, sempre generoso nella vita, così come lo è la sua voce vibrata e calda, offerta al nostro ammirato ascolto.

Don Attilio Menia Cadore
Novembre 2011